lunedì 15 settembre 2008

Country Legend: Conway Twitty

“Mr Dependable”, “The best Friend A Song Ever Had”, “The High Priest of Country Music”. Questi sono solo alcuni degli appellativi che Conway Twitty si è conquistato nell’arco della sua lunga carriera. Una carriera che lo ha portato a raggiungere un invidiabile primato che non ha eguali nella storia della musica popolare americana: è infatti l’unico musicista ad aver portato ben 55 brani al primo posto nelle classifiche degli Stati Uniti. Nemmeno Elvis Presley, Frank Sinatra o i Beatles erano riusciti a fare tanto.

La storia di Conway Twitty comincia a Friars Point, sulle rive del Mississippi, dove nasce il 1 Settembre del 1933 con il nome di Harold Lloyd Jenkins e dove già da piccolissimo ebbe i suoi primi approcci con la musica. Suo padre, che come mestiere pilotava uno di quei battelli per il trasporto di persone che solcavano il fiume, cominciò infatti ad insegnargli i primi accordi su una piccola chitarra quando aveva soltanto quattro anni. Ma fu da un loro vicino, un vecchio nero che Harold affettuosamente chiamava “zio Fred” che imparò a suonare e ad amare la musica. Da lui imparò a suonare il Blues, mentre passava ore sulla riva del fiume ad ascoltare l’eco dei cori Gospel che provenivano da una chiesa vicina. Buona parte del tempo la dedicava infine alla radio, affascinato dalla musica Country della Grand Ole Opry che veniva trasmessa ogni sabato sera.

Quando ebbe 12 anni la sua famiglia si trasferì a Helena, Arkansas. Fu lì che mise insieme la sua prima band, “The Phillips County Rambles” e in breve tempo riuscì a suonare ogni sabato mattina in una trasmissione della stazione radio locale. Era soltanto un hobby per lui, ma nel frattempo era anche un piccolo assaggio di quello che sarebbe accaduto negli anni a venire.

Nello stesso periodo Harold scopre il suo secondo grande amore: il baseball, che presto conquisterà un ruolo di primo piano nella sua vita tanto da fargli desiderare più di qualunque altra cosa al mondo diventare un giocatore di professione. Le cose sembravano andar bene, aveva da poco terminato la scuola superiore e la squadra di baseball dei Philadelphia Phillies si era fatta avanti offrendogli un contratto. Ma proprio in quel periodo fu chiamato alle armi per la guerra di Corea dei primi anni 50.

Nell’esercito ebbe la possibilità di continuare a suonare e formò un’altra band, “The Cimarron”, con cui cominciò a suonare anche un po’ di Rock’n’roll. Ancora non pensava che quella sarebbe potuta diventare una professione per lui. Ancora non credeva di poter diventare una star della musica, tant’è vero che in una delle interviste degli anni successivi affermò: “Io non ho mai avuto un sogno, io l’ho semplicemente vissuto”.

Al suo ritorno in patria rimase letteralmente folgorato quando ascoltò per la prima volta il brano di Elvis “Mistery Train”. Era il 1956 e tutta la nazione era stata travolta dalla musica e dal sound di Elvis Presley. Questo sound completamente nuovo e originale lo colpì così tanto da fargli decidere di dedicarsi completamente alla musica. Dirà in seguito a tal proposito: “Non pensavo potessi suonare lo stile di Elvis. Ho dovuto prendere una decisione, così ho gettato la mazza da baseball, ho preso la chitarra e non ho più guardato indietro”.

La cosa più ovvia da fare per un giovane musicista era quella di tentare di collaborare con la Sun Records a Memphis, Tennessee. La Sun Records era diventata in breve tempo una delle più importanti etichette discografiche della nazione, potendo annoverare tra le sue file nomi come quelli di Elvis, Johnny Cash e Carl Perkins.

E come Elvis, Harold fu scritturato proprio da Sam Phillips, rimasto entusiasta della sua grande voce. Il suo contributo più significativo fu però solo da compositore con un brano rockabilly dal titolo “Rockhouse” che diventerà un successo minore di Roy Orbison.

La collaborazione con la Sun fu veramente molto breve. Dopo pochissimo tempo firmò infatti per la Mercury. E poiché “Harold Jenkins” non sembrava essere un buon nome per un cantante Rock, prese una mappa e scelse due regioni a lui familiari: Conway in Arkansas e Twitty in Texas.

Con la Mercury registrò solo sei brani e con “I need You Lovin” riuscì a raggiungere la 93ma posizione nella US pop chart. Dopodiché firmò per la MGM Records, dove rimarrà fino al 1963. Mise insieme una nuova band e come batterista scelse Jack Nance. Assieme a lui scrisse “It’s Only Make Believe” che sarà il primo grande successo di Conway. Era l’anno 1958 e su di lui si erano improvvisamente accesi le luci della ribalta. Un fatto curioso è che “It’s Only Make Believe” era solo il lato B del disco, mentre sul lato A era stato inciso “I’ll Try”, brano su cui evidentemente sia il suo produttore sia Conway e la sua Band puntavano in modo particolare.

Fino al 1963 saranno numerose le sue apparizioni nelle parti alte delle classifiche Pop. Ricordiamo qui “The Story Of My Love”, praticamente simile al suo primo successo, e “Lonely Blue Boy”, riarrangiamento di un brano di Elvis del 1958 il cui titolo originale era “Danny” e che, in un primo momento, avrebbe dovuto far parte della colonna sonora del film “King Creole”, quarto film di Elvis con Walter Matthau e Carolyn Jones.

Da questo brano prese spunto per chiamare la sua band “The Lonely Blue Boys” prima di modificarne definitivamente il nome in “The Twitty Bird”. E a proposito di film, anche Conway ebbe la sua avventura nel mondo del cinema con tre “B-movies” dagli impegnativi titoli di “Platinum High School”, “College Confidential” e “Sex Kitten Go To College”.

Dopo “Lonely Blue Boy” seguirono altri hit importanti come “What Am I Living For?” o “Is A Blue Bird Blue” ma in ogni caso il suo successo come cantante di Rock’n’roll stava pian piano affievolendosi. Il suo ultimo singolo per la MGM dal titolo “Portrait of Fool” riuscì a piazzarsi soltanto al 98° posto in classifica.

Così, dopo otto anni, 16 milioni di dischi venduti, tre dischi d’oro e dopo una breve collaborazione con la ABC-Paramount, Conway Twitty decide di cambiare.

Suonare Country Music era qualcosa che da qualche tempo stava prendendo in considerazione, spinto anche dal fatto che Ray Price era riuscito ad entrare nelle Top Ten proprio con un brano Country che lui aveva scritto e che aveva intitolato “Walk Me To The Door”.

Un suo grande amico era Harlan Howard che lo spinse ad incontrare Owen Bradley, potente e leggendario produttore della Decca Records di Nashville.

E così nel Marzo 1966 Conway Twitty si affaccia per la prima volta nelle Country Chart con il brano “Guess My Eyes Were Bigger Than My Heart”, anche se per vederlo in testa alla classifica bisognerà aspettare fino al 1968 con “Next In Line”. Nei quattro anni successivi raggiungerà ancora il primo posto con ben otto hit, tra cui “I Love You More Today”,“To See An Angel Cry”, “Fifteen Years Ago” e “How Much More She Can Stand”.

Una nota a parte merita “Hello Darlin’”. Era il 1969 e Conway era piuttosto riluttante a registrare questa sua canzone scritta una dozzina d’anni prima. Bradley riuscì comunque a convincerlo che fosse un brano su cui valeva la pena lavorare, suggerendogli di non iniziare la canzone cantando bensì con un parlato della prima riga del testo.

“Hello Darlin’” sarà senza dubbio uno dei più grandi successi di Twitty, e le prime parole della canzone diventeranno una sorta di marchio, di firma, con cui aprirà ogni suo show.

Verso la fine del 1970 inizia una collaborazione e un sodalizio con Loretta Lynn che darà subito grosse soddisfazioni ad entrambi. Insieme vinceranno per ben quattro anni consecutivi, dal 1972 al 1974, il CMA Award come Vocal Duo of the Year“ e saranno eletti “Top Vocal Duo” negli anni 1971, 1974, 1975, 1976 dalla Academy of Country Music. Infatti, fin dall’inizio si mostrarono una coppia artisticamente vincente. Il loro primo lavoro, “After The Fire is Gone” sarà subito un successo che permetterà ai due di vincere un Grammy Award come miglior performance vocale di gruppo. I dischi successivi furono altrettanti primi posti in classifica (“Lead Me On”, “Louisiana Woman, Mississippi Man”, “As Soon As I Hang Up The Phone” e “Feelins”) e prima della fine del decennio erano entrati per ben 14 volte nelle Top Ten. Tra i suoi successi “individuali” ricordiamo invece “You’ve Never Been This Far Before” meglio conosciuta come la canzone del “Boom Boom Boom” a causa del testo a sfondo sessuale piuttosto sfacciato. Sebbene per questo motivo molte radio si rifiutarono di trasmetterlo, il disco raggiungerà il vertice delle classifiche nel 1973.

Twitty aveva un grande talento non solo come autore e compositore, ma anche nel capire quali canzoni di altri autori sarebbero potute diventare hit di successo. Era convinto che il successo era fondamentalmente nello saper scegliere la giusta canzone. E questo spiega perché Conway dedicava mesi interi ad ascoltare centinaia di canzoni prima di entrare in studio per registrare un album.

Il successo ottenuto in quegli anni lo spinse a dedicarsi anche agli affari. Alla fine degli anni ’70 era diventato proprietario di una serie di agenzie di produzioni musicali: la “Hello Darlin’ Music”, la “Neverbreak Music”, la “Twitty Bird Music” e, assieme a Loretta Lynn, della “United Talent Agency”. E non si era dimenticato affatto del baseball, tant’è vero che era diventato uno dei co-proprietari dei Nashville Sounds, squadra di baseball della Southern League. I suoi affari sconfinavano anche nel campo bancario e in quello dei fast food, sebbene i suoi Twittyburger, una catena di ristoranti ‘drive-in’ non ottennero il successo sperato.

Nel frattempo aveva deciso di lasciare Oklahoma City per andare a vivere a Nashville. Era il periodo in cui con la sua band riusciva a tenere qualcosa come 200 show all’anno.

Nel 1979 Conway modifica la sua immagine cambiando pettinatura e tagliandosi le basette e lo stesso anno comincia a produrre da solo i propri dischi. Sono di questo periodo “Don’t Take It Away”, “I May Never Get To Heaven’” e “Tigh Fittin’ Jeans”.

Qualche anno dopo, precisamente nel 1982, interrompe momentaneamente il suo rapporto con la Decca-MCA per passare i quattro anni successivi con la Elektra Records-Warner Brothers. I suoi successi più importanti saranno “The Clown” e “The Rose”, brani che sconfinavano in sonorità spiccatamente pop prima di ritrovare un sound country “verace” grazie a brani come “Somebody’s Needin’ Somebody” e soprattutto con “Don’t Call Him a Cowboy”, con cui raggiunse per la 50ma volta la vetta delle classifiche. Era il 1985 e nessun altro aveva fatto meglio di lui prima di allora.

Il 1982 fu un anno importante anche per l’inaugurazione di Twitty City, un grande parco turistico a Hendersonville, Tennessee, proprio appena fuori Nashville. Twitty City era una attrazione pensata proprio per i fan di Country Music che continuamente raggiungevano Music City. E ciò che la rendeva unica nel suo genere era che la sua casa si trovava proprio all’interno del parco. In questo modo i suoi fan potevano incontrarlo facilmente per un autografo, per una foto o per scambiare con lui due chiacchiere. Conway dava infatti molta importanza a tutta quella gente che, diceva “Ha reso possibile tutto questo per me”.

Twitty ritorna alla Decca-MCA nel 1987 con due hit di successo: “Julia” e “I Want To Know You Before We Make Love”. Tre anni dopo con il singolo “Crazy in Love” raggiungerà per la 55ma e ultima volta il primo posto in classifica.

Nel 1993, dopo un concerto a Branson, Missouri, Conway improvvisamente si sentì male mentre stava ritornando a Nashville. Fu la sua seconda moglie Dee Henry che lo accompagnò di corsa al Cox Medical Centre South a Springfield dove il caso volle ci fosse anche Loretta Lynn che stava assistendo il marito ricoverato. Quando Conway morì dodici ore dopo il ricovero a causa di un aneurisma addominale, Loretta era lì con lui. Il suo ultimo album “Final Touches” uscirà subito dopo la sua scomparsa, un modo per salutare i suoi fan e tutto il mondo della musica. Un mondo questo che da sempre lo aveva stimato, considerandolo una delle persone più oneste e schiette di Nashville, un vero gentleman. Mi piace pensare che in quella circostanza tutta Music City si sia fermata un attimo e, rivolgendo lo sguardo al cielo, lo abbia salutato dicendo “Goodbye Darlin’!”.